L'artista contemporaneo ha il dovere di controllare e filtrare il flusso
d'immagini che forma l'esperienza del quotidiano, di valutare le informazioni
alle quali andiamo incontro; di trovare o inventarsi immagini necessarie
che non si aggiungano a quella lista d'immagini inutili che inflazionano
il mondo. Martino Coppes le immagini ha scelto di inventarsele, di coltivare
da se le proprie visioni e di non appropriarsi d'immagini pronte per l'uso.
La scelta di un tema quale il paesaggio già indica una disposizione
a selezionare l'immagine, ad attuare un processo d'interpretazione del visibile.
Quelli di Coppes sono dei paesaggi virtuali: portando ad uno stadio particolarmente
raffinato l'uso della "stage photography", l'artista utilizza
delle piccole strutture di polietilene, degli scarti industriali raccolti
nei pressi del suo atelier. Dopo aver preparato il set, Coppes penetra queste
strutture cercando l'immagine a lui piu congeniale. E' un adattamento che
ricalca un processo fisico, personale, entrare in un microcosmo per ritrovare
(nel modello) il grande paesaggio. Il risultato non corrisponde in alcun
modo
ad un'idealizzazione del luogo; negli interni di queste strutture vi sono
luci e ombre. Assistiamo piuttosto ad una condizione di spiazzamento ritrovando
nel nuovo spazio quella condizione di vuoto interiore che deriva dalla difficolta
dell'essere.
L'azzeramento iconografico rivela la volontà dell'autore di ricostruire
le basi del paesaggio. La velocità permessa dalla differenza di scala
e la povertà iconografica permettono all'artista di scannerizzare
velocemente gli interni visitati, di organizzare lo spazio. Lo stesso artista
afferma di sentirsi, durante la ripresa, come un turista che raccoglie un'immagine
dietro l'altra. Questa dinamica crea una sorta di dipendenza tra le immagini,
una catena narrativa all'interno della quale ogni tassello è un esempio
dell'affermazione generale. Nello spazio che egli ha scelto di esplorare,
più che aggiungere, Coppes coltiva un'ecologia dell'immagine che
riduce l'informazione, invece di appropriarsene o di simularla. L'artista
compie un'operazione di pulizia che viaggia in singolare parallelismo con
il materiale usato: egli (senza dimenticare l'attivita plastica che precede
ogni sua foto) non solo recupera
materiale di scarto per creare degli spazi, il materiale è lo stesso
usato per produrre i sacchetti di plastica che utilizziamo per la nostra
spesa quotidiana, e che da anni abbiamo imparato a non disperdere nel paesaggio.
In altre parole, le fotografie di Coppes rappresentano un recupero di senso
degli scarti altrui, allo scopo di costruirsi la propria poetica. Coppes
utilizza i primi scarti di questa produzione per creare dei paesaggi. Con
l'aiuto sapiente e meticoloso di luci e di specifiche angolazioni le sue
foto ora sono diventate ancora piu astratte, in esse vi leggiamo l'intenzione
di un paesaggio o la sua rarefazione, non la sua descrizione. Non è
detto che, quello che si offre al nostro sguardo, sia davvero un microcosmo.
I nuovi paesaggi di Coppes sono ai limiti dell'astrazione, la prospettiva
classica viene alterata, e la stessa superfice a porsi in primo piano. La
sensazione di libertà di movimento, con la quale istintivamente percepiamo
uno spazio libero, viene cosi frenata dall'ipotesi di ritrovarci non all'interno
di un oggetto, bensi all'esterno di un corpo del quale esaminiamo forme
e ferite.
Ogni cicatrice e un'accesso negato, rimarginato
dal tempo, eppure ancora traccia di un'azione inconclusa.
Ogni sua foto
rinnova questa ambiguità di base: non sapere se ci trova all'interno
di un qualcosa o vicini a qualcuno La curiosità di Coppes per la
materia e abbastanza insolita per un fotografo.
Conosciamo il polietilene soltanto nelle sue vesti di materiale finito,
risultato di un processo industriale semplice che riesce a plasmarlo sotto
forma di sedie, tavolini, paraurti e altre parti dell'automobile, sacchetti...
insomma, merci oggetti finiti e pronti per essere inseriti nel grande circuito
del consumo mondiale. Il riutilizzo degli scarti industriali permette di
avviare una procedura nobilitante, di promuoverlo da rifiuto materiale a
materia prima.
Oltre ad innalzare il materiale a materia, questo lavoro ci porta ad una
riconsiderazione del processo: quello economico - e imperfetto - che sogna
l'emissione zero, ma continua a produrre scarti, e quello poetico che mira
all'armonia delle cose reinventando il mondo e ciò che lo abita.
Liberando lo spazio dalle abituali sovrastrutture, Coppes rinnova l'utopia
di uno spazio abitabile
Gianni Romano
MARTINO COPPES - BIOGRAPHY
1965
Born in Como
SOLO EXHIBITIONS
1997
Galerie Philippe Rizo, Paris
1996
Galleria Monica de Cardenas, Milano
1995
Centro d'Arte Contemporanea, Bellinzona
1993
Galleria Monica de Cardenas, Milano
SELECTED GROUP EXHlBITIONS
1997
Camera Preview, Art et Public, Geneve
Sarah Ciracì/Martino Coppes, Alberto Peola, Turin
1996
Obiettivi soggettivi, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venizia,
Collective Eye, Musee de l'Eysee, Lausanne (catalogue)
Video-Forum, Art 27'96, Basel
June,Atlantique, Milano
Home / Salon, Clocktower Gallery, New York
1995-6
Rebaudengo, Torino Konstmuseum, Malmoe
1995
Tradition & Innovation: Italian Art since 1945, National Museum
of Contemporary Art, Seoul, Korea (catalogue)
A quoi jouent-ils ? Les Rencontres, Espace Van Gogh, Arles
Private Welten, Peter Kilchmann Galerie, Zurich,